L’approccio cognitivo-Comportamentale alle dipendenze riconosce il comportamento di abuso di sostanze come un comportamento appreso e mantenuto da convinzioni, scopi, rappresentazioni mentali e processi cognitivi disfunzionali (Beck et al., 1993). Il presupposto fondamentale, che permette l’integrazione fra le prospettive comportamentali e cognitive, è di vedere le condotte di dipendenza come dei comportamenti che, al pari degli altri comportamenti disfunzionali, sono in buona parte frutto di errati o mancati apprendimenti e quindi possono essere corretti con tecniche adeguate e riacquisiti in modo che essi siano funzionali alla vita della persona.
Le terapie di stampo più marcatamente comportamentale si focalizzano sull’aiutare il paziente a capire quali sono le variabili che innescano, facilitano e soprattutto mantengono il proprio comportamento di dipendenza. Secondo Bandura (1992; 2000) il comportamento di dipendenza è regolato in primo luogo dalla necessità di gestire le emozioni autovalutative (orgoglio, vergogna, soddisfazione di sé, autobiasimo, ecc.) che dipendono dal conseguimento di certi standard personali come, per esempio, dal rispetto di norme etiche, dal successo dell’adeguamento a standard prestazionali e dal raggiungimento di obiettivi o scopi personalmente importanti.
La terapia sociocognitiva delle dipendenze (Bandura, 1985), infatti, riguarda principalmente lo sviluppo di competenze e la regolazione dell’azione. Si ritiene che il comportamento sia in gran parte guidato anticipatoriamente da processi di autoregolazione in cui hanno un ruolo preminente le aspettative di risultato (le conseguenze positive e negative previste per le proprie azioni) e le aspettative di efficacia personale (la convinzione di avere le capacità necessarie a eseguire un certo comportamento o conseguire una certa prestazione). Per questo motivo nella terapia comportamentale classica il soggetto dipendente impara a riconoscere quali sono, ad esempio, i fattori di rischio all’uso di sostanze e impara a fronteggiarli adeguatamente.
In modo simile alle teorie comportamentali, come si è detto, nel modello cognitivo l’abuso di sostanze è visto come un comportamento appreso. Nella comprensione dei meccanismi di mantenimento e nel mettere a punto modelli di intervento si focalizza però maggiormente su convinzioni, scopi, rappresentazioni mentali e processi cognitivi disfunzionali di pensiero, attenzione e giudizio (Beck et al., 1993). Rispetto alle modalità di intervento più marcatamente comportamentali la terapia cognitiva è quindi maggiormente focalizzata sulle convinzioni coscienti degli individui. Ellis e Back affermavano infatti è non è la situazione che determina cosa gli individui esperiscano, ma il loro modo cosciente di valutare e giudicare tale situazione (Ellis, 1962; Beck, 1964).
Rispetto alle motivazioni alla base dei comportamenti di dipendenza la psicologia cognitiva individua tre motivazioni fondamentali: raggiungere una condizione di piacere immediato, aumentare la propria efficienza cognitiva e interpersonale e, più spesso, controllare e/o evitare le condizioni cognitivo-affettive negative attraverso la riduzione immediata dello stato di coscienza. Il terzo elemento, comunemente chiamato “illusione di auto-cura” è considerato di importanza centrale e costituisce la base dei primi modelli teorici sulle dipendenze.
Alla base delle condotte di dipendenza l’approccio cognitivo classico individua alcune tipiche convinzioni disfunzionali alla base delle motivazioni che sostengono il comportamento di dipendenza, come per esempio che la sostanza aiuta a controllare i pensieri negativi; aiuta a migliorare le prestazioni; permette di ridurre ansia, tristezza e noia; dà piacere e fà sentire eccitati o pieni di energie.
Fra queste motivazioni è attorno alla riduzione dell’ansia (e più in generale, controllare e/o evitare le condizioni cognitivo-affettive negative attraverso la riduzione immediata dello stato di coscienza) che si strutturano più frequentemente i comportamenti di dipendenza da sostanze. Secondo l’approccio cognitivo classico questa motivazione da infatti luogo al “circolo vizioso dell’assunzione di alcol e droghe”. La sostanza diventa lo strumento di regolazione patologica (Beck, 1963).
Come noto, secondo la psicologia cognitiva classica i disturbi psicologici sono causati da asserzioni che l’individuo ripete a se stesso e che questi pensieri disfunzionali traggono origine da convinzioni irrazionali. Per questi motivi la psicologia cognitiva, a partire dalle originali formulazioni di Back ed Ellis sulle dipendenze, negli ultimi vent’anni si è concentrata sullo studio delle convinzioni alla base dei comportamenti di dipendenza. Compito del terapeuta è infatti quello di mostrare al paziente le sue convinzioni irrazionali e come si possono cambiare i pensieri e quindi le emozioni e i comportamenti.
Dott.Michele Rossi – Centro cognitivo Saronno – www.centrocognitivo.it