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La teoria metacognitiva nella psicoterapia cognitiva dell’alcol-dipendenza: l’alcol come regolatore dei processi di pensiero.

La teoria metacognitiva nella psicoterapia cognitiva dell’alcol-dipendenza: l’alcol come regolatore dei processi di pensiero.

Come si è visto nel precedente articolo presente in questo blog, i modelli classici della psicoterapia cognitiva hanno dato ampi spazi alla funzione dell’alcool come regolatore del vissuto emotivo (Beck, Wright, Newman & Liese, 1993). Poco o nessun interesse è stato invece posto sugli effetti dell’alcool come regolatore del pensiero. Si può quindi affermare che la psicoterapia cognitiva si sia fino ad ora concentrata sui contenuti, tralasciando i processi di pensiero e le credenze metacognitive che li governano.

Recenti studi  (Spada & Wells, 2008) sembrerebbero invece sottolineare la centralità dei processi di pensiero nell’eziologia della dipendenza da alcol, con particolare riferimento a due elementi: le credenze relative alla “necessità di controllo dei pensieri” e quelle sullo “scarso funzionamento cognitivo”. La prima rappresenta la necessità di ridurre un flusso di pensieri, la seconda la necessità di migliorarlo secondo segnali e standard personali (Spada & Wells, 2008). Nella figura sotto viene sintetizzato il modello di Wells, ancora in via di
sviluppo, relativo al rapporto tra dimensioni metacognitive e uso di alcool.

 

Anche se in questa sede non è possibile descrivere nel dettaglio il funzionamento del modello si può sintetizzare che, secondo Wells, alla base della della dinamica dell’ alcol-dipendenza vi sarebbe un’esperienza metacognitiva spesso basata sulle credenze descritte in precedenza e caratterizzata quindi dalla sensazione di “stare per perdere il controllo” o che “la mente non riesca a funzionare con efficacia”.
Le emozioni negative non sarebbero quindi alla base della dinamica di dipendenza, ma seguirebbero le esperienze metacognitive, segnalano alla coscienza la discrepanza affinché si attivino strategie di controllo per ridurle. Se così fosse l’uso di alcol costituirebbe quindi principalmente una strategia di regolazione cognitiva e solo indirettamente di regolazione emotiva.

Seguendo Spada (2008), è ipotizzabile che le persone consumino alcool più per regolare il pensiero che per regolare l’umore, o almeno che questi due scopi differenzino consumatori patologici da consumatori non patologici.

Dott. Michele Rossi – Centro Cognitivo Saronno – www.centrocognitivo.it