“L’ottimista vede la ciambella,il pessimista il buco” : questo è quello che cita un conosciuto proverbio ebraico ed esemplifica straordinariamente bene ciò che accade davvero nell’esperienza di ciascuno, e cioè come l’atteggiamento mentale dell’osservatore possa mettere in evidenza aspetti estremamente diversi di una stessa situazione, stimolando aspettative altrettanto diverse riguardo ciò che ne conseguirà nel futuro.
Gli atteggiamenti di ottimismo e pessimismo sono stati a lungo studiati da ricercatori e psicologi e fu, tra i primi, lo psicologo cognitivista A. Beck a sostenere che la depressione sia di fondo dovuta a una visione del mondo fatta di significati irrealisticamente negativi attribuiti agli eventi, che condizionano il modo di vivere non solo il presente ma anche il futuro; riguardo a questo l’atteggiamento ottimista sembra quindi essere un fattore protettivo.
Inoltre, come evidenzia Gian Vittorio Caprara, docente all’ Università La Sapienza di Roma, pessimismo e ottimismo sono “un modo di confrontarsi con la realtà, che influisce significativamente sulla direzione che può prendere il corso dell’esistenza”; a chi è ottimista si attribuisce una maggiore motivazione all’azione e la tendenza ad approcciarsi in un modo più costruttivo anche agli eventi più sfavorevoli, a volte però sottostimando conseguenze potenzialmente negative, mentre i pessimisti tendono a paralizzarsi e a “farsi vivere” dagli eventi, facendo sì più attenzione a riflettere e prevedere eventuali guai, ma negandosi la possibilità di assumere un ruolo attivo e determinante.
Ma questi atteggiamenti sono in qualche modo “geneticamente predeterminati” o si possono “imparare”?
Se è dimostrato che alcuni individui hanno una particolare attivazione del lobo frontale che fa sottostimare loro gli aspetti negativi e che in ognuno di noi c’è un “ottimismo di base”, è anche vero che, come si diceva in precedenza, quello che fa davvero la differenza sono le strategie che si utilizzano per far fronte a ciò che accade e i modelli che si hanno a disposizione per dare un significato a ciò che viviamo; strategie diverse, flessibilità o punti di vista alternativi per osservare il mondo fanno parte del grande bagaglio di ciò che si può acquisire, quindi…perché no?
Dott.ssa Elisa Morosi – Psicologa di Centro Cognitivo, Saronno www.centrocognitivo.it