Uno dei problemi principali che si affrontano in psicoterapia è l’interpretazione dei segnali del corpo. La cultura occidentale vive il paradosso di considerare il corpo molto importante da alcuni punti di vista, su tutti l’aspetto estetico, ignorandolo però da altri, in particolare per quanto riguarda il suo funzionamento e il rapporto con la psiche.
Ogni emozione può manifestarsi anche nel corpo.
Il corpo mantiene in sé le tracce delle esperienze passate, in particolare delle emozioni provate all’interno di relazioni e situazioni significative. Ricorda l’ansia, la rabbia, la vergogna, la paura, e questi stati emotivi possono attivare specifiche risposte somatiche ogni volta che si ripresentano.
Le reazioni del corpo non sono assolute bensì modulabili; i sintomi dell’ansia non possiedono sempre l’intensità massima che possiamo immaginare, anzi i loro effetti si riducono se interveniamo per gestirli e attribuire loro un significato corretto. Lo stesso vale per tutte le altre emozioni: spesso il paziente crede che provare un’emozione determini necessariamente la comparsa di risposte somatiche molto intense e quindi impossibili da fronteggiare, in realtà l’impatto di questi processi può essere modulato utilizzando gli strumenti forniti dallapsicoterapia: ascolto del corpo, ridefinizione dei pensieri, decatastrofizzazione, accettazione degli stati emotivi, rielaborazione emotiva, creazione di esperienze diverse.
La reazione del corpo ad un’emozione è fisiologica, non patologica: la tradizione occidentale tende a trattare il corpo come un contenitore utile a trasportare la mente e a tenerci in vita attraverso le funzioni fondamentali dell’organismo. La verità invece è che il corpo, essendo impegnato in un dialogo costante con la mente, riceve da essa stimoli e impulsi di qualunque genere ai quali risponde attivandosi. Il problema non è se il corpo ha delle reazioni, anzi questo significa che siamo vivi e che il corpo funziona secondo i meccanismi che lo regolano; il problema è se tali reazioni non si collegano direttamente alla natura e all’intensità dello stimolo – per esempio quando la risposta di paura non si verifica davanti ad un pericolo reale ma per effetto di una fantasia, di una rappresentazione mentale soggettiva – oppure se sono sproporzionate, cioè se l’attivazione somatica riguarda solo in parte l’esperienza attuale e si carica invece di altri contenuti che sono connessi all’esperienza passata. Ne è un esempio la vergogna quando si lega ad uno stato di tensione fisica più intenso dell’evento scatenante: non stiamo reagendo solo al contesto presente ma riviviamo la vergogna in sé, il nostro sentirci inadeguati, come se tutti gli episodi in cui abbiamo provato questa sensazione si riunissero in un unico evento.
I segnali del corpo possono essere definiti e descritti. In genere la scarsa consapevolezza del corpo induce ad utilizzare due sole categorie, lo stare bene e lo stare male. Pensiamo di stare bene quando non avvertiamo segnali del corpo, mentre appena esso si fa sentire crediamo di stare male. La psicoterapia mostra che entrambe le categorie sono limitanti: un corpo che non si esprime potrebbe essere impegnato a controllare le proprie reazioni e se ne accresciamo la consapevolezza non corriamo alcun pericolo, mentre un corpo che dà molte risposte anche sgradevoli sta provando delle emozioni e può essere esplorato partendo dalla descrizione di quelle risposte. Formicolii, contrazioni, senso di pesantezza, afflisciamento, pruriti, battito cardiaco accelerato, sudorazione, tensione muscolare: nessuno di questi segnali è catastrofico. Le emozioni possono condizionare i processi digestivi, la respirazione, il livello di energia e molti altri aspetti del nostro corpo: dare loro un nome e un volto è il primo passaggio verso una migliore conoscenza di se stessi e aiuta a considerare il corpo un soggetto attivo, che collabora con la mente senza minacciarla.
Autore: Dott. Gianluca Frazzoni Psicologo Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale