Si ha un attacco di panico quando una persona è molto spaventata da situazioni (es. stare in un autobus a porte chiuse) o da stimoli interni (es. l’accelerazione del battito cardiaco) innocui che percepisce come minacciosi. In quei momenti il soggetto di solito non riesce bene a capire che cosa gli stia accadendo; nel tentativo di darsi una spiegazione può iniziare a pensare che la causa sia dentro di sé e ad avere pensieri del tipo: “Sto per svenire!”, “Sto per avere un infarto!”, “Perderò il controllo di me!”, “Impazzirò!”, “Oddio, sto per morire!”. Queste interpretazioni ovviamente spaventano ancora di più la persona: chi non si impaurirebbe all’ idea di avere un infarto? Nell’arco di pochi minuti, l’ansia raggiunge il picco più alto di intensità e inizia gradualmente a decrescere, fino a quando il soggetto sperimenta uno stato di sfinimento fisico e mentale.
Le sensazioni provate durante il primo attacco di panico sono così spiacevoli da indurre nel soggetto il timore di riprovarle, per cui si sviluppa una “paura della paura” (ansia anticipatoria). La persona può cercare, quindi, di mettere in atto dei comportamenti volti a prevenire il verificarsi di altri attacchi di panico: tenderà ad evitare le situazioni che teme possano provocarli (comportamenti di evitamento) o le affronterà soltanto dopo aver preso delle precauzioni (comportamenti protettivi).
Non tutti i soggetti, tuttavia, sviluppano dei comportamenti di evitamento. Il disturbo di panico, infatti, può essere con o senza agorafobia (dal greco agorà, che significa “piazza del mercato”, e fobia, che significa “paura”), che è l’ansia che si prova quando, in determinati luoghi o situazioni (es. spazi aperti, spazi chiusi, luoghi affollati, mezzi di trasporto), si ritiene difficile o imbarazzante allontanarsi o ricevere aiuto in caso di attacco di panico.