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La terza generazione di terapie cognitivo comportamentali

La terza generazione di terapie cognitivo comportamentali

Storicamente le terapie cognitivo comportamentali possono essere suddivise in tre generazioni

La prima generazione è rappresentata dalla terapia comportamentale che si avvaleva di tecniche e procedure terapeutiche fondate su principi dell’apprendimento per affrontare e ridurre i comportamenti problematici e i sintomi.

Negli anni sessanta, con l’avvento della cibernetica, inizia a delinearsi un nuovo paradigma cognitivo secondo il quale gli eventi esterni rappresentano degli stimoli che ci portano a formulare determinati pensieri che a loro volta influenzeranno le nostre reazioni emotive e quindi i nostri comportamenti. Nasce così la seconda generazione di terapie cognitive comportamentali che ha come protagonisti A.T. Beck e A. Ellis.

Negli ultimi vent’anni l’introduzione di un’antica tecnica meditativa buddista, la mindfulness, all’interno della pratica terapeutica ha portato a modificare in modo considerevole il congnitivismo standard conducendo al tratteggiarsi delle terapie cognitive di terza generazione.

Tra i vari protocolli e interventi basati sulla mindfulness si ricordano l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), la Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), la Mindfulness Based Cognitive Therapy (MBCT), la Functional Analytic Psychotherapy (FAP) e la Dialectical Behavior Therapy (DBT).

I Punti focali delle psicoterapie di terza generazione riguardano:

–         La relazione con le proprie esperienze interne

spesso gli esseri umani tendono ad identificarsi con i propri pensieri e la proprie emozioni trasformandoli in fatti concreti, il che conduce inevitabilmente al desiderio che quelle stesse esperienze interne siano un qualcosa di diverso da quello che in realtà sono

–         L’evitamento esperienziale

La conseguenza di questo atteggiamento di fusione è l’adozione di strategie cognitive e comportamentali volte a cambiare la forma o la frequenza di queste esperienze interne

–         Il restringimento del repertorio comportamentale

Accade così che gli individui, nel tentativo di evitare esperienze interne negative, rinuncino a impegnarsi in azioni finalizzate a perseguire i valori e gli obiettivi personali. Queste restrizioni comportamentali sono spesso automatiche e inconsapevoli e giocano un ruolo fondamentale nel perpetuare il disagio psicologico

Le terapie cognitive di terza generazione identificano così nell’accettazione e nella pratica della mindfulness le strategie d’elezione per operare il cambiamento e implementare il benessere psicologico.

Dott.ssa Sabrina CattaneoCentro Cognitivo